lunedì 11 maggio 2015
Posted by Unknown on 11:04 with No comments
Tra organic
e vegan food, supermercati Bio, ecoturismo e locali arredati utilizzando
elementi riciclati, sembrerebbe che l’attenzione del consumatore all’argomento
“ambiente” e quindi, sostenibilità, stia crescendo. Ma è davvero una
sensibilizzazione al consumo o è solo una moda?
La tendenza a dare attenzione all’ambiente nasce
da una necessità evidente: nel 2014, per esempio, sono stati prodotti 65
milioni di tonnellate di cotone e poliestere, si è ipotizzato che nel 2020 la
produzione possa raggiungere picchi di circa 90 milioni.
Ridurre l’impatto ambientale
della produzione, distribuzione e consumo di capi d’abbigliamento è la nuova
scommessa dei grandi nomi della moda. Essere sostenibili significa abbracciare
una causa importante, aderire con costanza ad una corrente di pensiero e
rispettarla; è per questo motivo che le imprese dovrebbero mettere alla base dei propri valori aziendali l’etica
ambientale e non utilizzarla solamente al fine di salvaguardare la propria
immagine di fronte all’opinione pubblica. Nonostante ciò c’è chi sta facendo
passi in avanti, ecco quindi alcuni punti che potrebbero essere d’ispirazione
per un consumo più sostenibile:
Come possono questi due argomenti, che sono sempre
andati in direzioni opposte, combaciare?
Un esempio di risposta a questa domanda è H&M,
da circa undici anni impegnato in politiche ambientali.
Le azioni che il brand svedese ha intrapreso a sostegno
dell’ambiente sono principalmente tre. La prima è il lancio del Garment Collecting, ossia la campagna a favore del riciclo delle fibre tessili:
H&M infatti chiede ai propri clienti di
portare abiti che non indossano più in negozio ottenendo uno sconto sui nuovi
acquisti (le fibre come il cotone
possono essere riciclate!).
Le altre due invece sono abbastanza recenti: ad
Aprile 2015 il brand ha lanciato la nuova collezione Conscious exclusive, a cui è seguita
l’apertura di un pop up store (negozio
temporaneo) a New York, e che ha coinvolto Star come Olivia Wilde per la
promozione. Inoltre questo brand ha firmato, insieme al Kering group, un
contratto con la start up inglese Worn again, ideatrice di un
sistema chiamato circular resource model,
che permette il riciclaggio dei materiali dei vecchi vestiti.
Non si può affermare che H&M rappresenti il
brand più “verde” in circolazione, ma le politiche di comunicazione che ha adottato hanno una grande influenza sui consumatori,
e se il messaggio è la salvaguardia dell’ambiente, esso può solo esercitare
un’influenza positiva sull’awareness
delle persone.
Tornare allo slow
fashion:
Il fast
fashion sta diventando sempre più fast: Zara, il brand a cui viene
attribuito il merito di aver creato questo nuovo modello di business, crea
nuove collezioni ogni due settimane e cambia il merchandising nei negozi due
volte a settimana. Anche i grandi nomi del prêt-à-porter ormai creano minimo sette collezioni
all’anno (inizialmente erano solo due: autunno/inverno e primavera/estate).
Come si può rallentare? Come si può creare un
nuovo modello che venga apprezzato nello stesso modo? Nell’era dei fashion blog
e dei selfie, come si può convincere qualcuno a
non indossare una maglietta diversa ad ogni selfie pubblicato?
L’unica strada è educare il consumatore reintroducendo
il concetto d’investimento e di essenzialità.
Davvero hai bisogno della cosa che stai per
comprare? Davvero hai bisogno di indossare ogni giorno una maglietta diversa?
Dal 2011 Greenpeace promuove Toxic-free manufacturing richiamando l’attenzione all’ambiente. I
brand che ad oggi aderiscono all’iniziativa sono: C&A, M&S, United
colors of benetton, Esprit H&M, Mango, Levi’s, Limitedbrands, Uniqlo,
G-start raw, Valentino, Inditex, Puma Primark, Burberry, Adidas. Per maggiori
informazioni e per partecipare alla campagna potete cliccare qui http://www.greenpeace.org/international/en/campaigns/detox/what-you-can-do/
Per produrre fibre e filamenti vengono utilizzati
prodotti chimici. La produzione di cotone, per quanto fibra naturale, è uno dei
processi più inquinanti a causa dell’uso di pesticidi chimici.
Queste sostanze possono
avere gravi conseguenze sulla salute,
quindi il consiglio è quello di lavare almeno due volte l’ultimo acquisto prima
di indossarlo o, ancora meglio, comprare solo cotone organico. Questo tipo di fibra naturale Bio viene prodotta
secondo la regolamentazione internazionale EU 834/2007. Il primo obiettivo è
quello di produrre cotone utilizzando fertilizzanti e pesticidi organici invece
che sintetici. Il cotone biologico è prodotto in base alle condizioni
climatiche, al terreno e alla resistenza
a parassiti e malattie delle piante. Grandi nomi come Zara, H&M, Nike, Muji
utilizzano questo tipo di cotone (come
riconoscerlo è semplice:
dovrebbe essere specificato nell’etichetta).
Peta e la causa contro la
produzione di pelliccia di angora:
A Febbraio 2015 il gruppo Inditex (di cui fanno
parte nomi come Zara, Massimo Duti, Bershka) ha annunciato lo stop alla
produzione di indumenti con lana d’angora (prodotta dal pelo del coniglio
d’angora), dopo i vari richiami e denunce
del Peta (People for the Ethical
Treatment of Animals): questo perché le pratiche adottate sugli animali per
ricavare la lana sono crude e inumane.
Altri brand come Gap, ASOS, Marks & Spencer,
H&M, Next, Forever 21, Calvin Klein, Tommy Hilfinger e COS avevano già
bloccato la produzione tra il 2013 e il 2014.
Infine, informarsi sulle politiche ambientali (ed etiche) dei brand che utilizzate è
semplice, dovrebbero essere specificate nei loro siti internet e richiede solo un po’ di tempo. Ancora più semplice e
veloce è controllare l’etichetta
quando state comprando: dove è stato prodotto e da quali fibre è composto
l’indumento.
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