venerdì 22 maggio 2015

Shopping eco-sostenibile?

Come essere fashionable rispettando l’ambiente!

Prima di tutto, una lista di brand che basano la loro etica su politiche ambientali e morali.


Nel 2006 Blake Mycoskie, dopo un viaggio in Argentina, decide di creare TOMS shoes e l’innovativa campagna “one to one”: per ogni paio di scarpe comprate ne verrà regalato un altro ad un bambino bisognoso in tutto il mondo. Far sentire le persone parte di una comunità è il loro primo obiettivo. “We don’t do it alone” è il messaggio che trasmettono tramite community, campus, blog, eventi speciali e campagne eco-solidali.




 Reformation nasce nel 2009 dall’idea di Yael Aflalo. Le materie prime sono al 100% eco-sostenibili. L’obiettivo principale è quello di aumentare la consapevolezza del consumatore sull’impatto ambientale del settore e offrire soluzioni concrete!



Movimento, passione e cambiamento, sono tre parole chiave su cui si basa il progetto Threads 4 thought. Le bottiglie di plastica vengono utilizzate per produrre poliestere e il cotone è unicamente di derivazione organica.





Trasparenza e credibilità! Maggie’s Organics collabora con all'incirca 2000 cooperative in Nicaragua dalla quale acquista cotone organico.
Trasparenza: ogni fornitore ed intermediario con cui lavorano è certificato.
Credibilità: sul sito puoi ritrovare tutte le informazioni sui tuoi abiti.


 
Fast fashion is Fast food. Empty calories that make us fell full”. (Il Fast fashion è come i fast food: calorie vuote che ci fanno sentire pieni). Questo è il messaggio che i fondatori di Zady, Maxine Bédat e Soraya Darabi, vogliono trasmettere!



Un’alternativa a questi brand sono le community dove gli iscritti vendono e comprano abiti. Due esempi sono Depop (Chiara Ferragni, la famosa fashion blogger, fa parte di questa community) e Vestiaire collective







Se invece avete bisogno di un abito per un occasione speciale (che probabilmente non utilizzereste mai più) perché non prenderlo in prestito? Potete trovare soluzioni come queste in siti come Rent the runway o Rentez-vous.    
 



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HAVE A NICE DAY!

lunedì 18 maggio 2015

Eco-sostenibilità, Turismo e…COMPETITIVITA’!

Turismo sostenibile: caratteristiche


Definito così, nel 1988, dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT): “Le attività turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in modo tale da mantenersi vitali in un’area turistica per un tempo illimitato, non alterano l’ambiente (naturale, sociale ed artistico) e non ostacolano o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed economiche”. Il concetto si rifà alla definizione più generale di sviluppo sostenibile inteso come “sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri”.

Principali caratteristiche di questo tipo di turismo:
  •          DUREVOLE
  •          DIMENSIONATO E RISPETTOSO DELL’AMBIENTE
  •          INTEGRATO E DIVERSIFICATO
  •          ECONOMICAMENTE VITALE
  •         PARTECIPATO.

Turismo, sostenibilità e competitività 


Per far sì che il turismo si sviluppi lasciando la giusta centralità al territorio è necessario che vi sia un rapporto equilibrato tra i visitatori e il patrimonio di risorse ambientali, artistiche e culturali della destinazione. Nel lungo termine, questo sviluppo, è derivabile solo da una visione orientata alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio, sia da parte degli amministratori che degli operatori. Oltre alle più importanti caratteristiche necessarie per rendere un territorio attrattivo turisticamente (riconoscibilità come risorsa; fruibilità e accessibilità; comunicazione e immissione nel mercato); va sottolineato quanto l’orientamento alla sostenibilità possa contribuire alla trasformazione di una risorsa ambientale, artistica o culturale in prodotto turistico.

L'Europa è la destinazione turistica più attraente del mondo ed il turismo contribuisce in modo sostanziale alla crescita e alla creazione di posti di lavoro. La competitività del settore è strettamente legata alla sua sostenibilità poiché la qualità delle destinazioni turistiche dipende fondamentalmente dal loro ambiente naturale e dalla loro comunità locale. Per questo è necessario adottare un approccio globale che riguarda allo stesso tempo la prosperità economica del settore, ma anche la coesione sociale, la tutela dell'ambiente e la promozione della cultura delle destinazioni turistiche europee.

In Italia, il settore turistico da solo contribuisce per il 10% alla determinazione del Pil. I principali fattori, caratterizzanti l’offerta turistica, sono ovviamente risorse paesaggistiche e monumentali delle quali non è possibile trascurare il problema della limitatezza ma soprattutto del rapido esaurirsi a causa di una crescita non sostenibile dei flussi turistici. E’ chiaro quanto sia importante (e urgente) mixare il paradigma sostenibilità con la pianificazione turistica, sia per motivi di etica (spesso passata in secondo piano), sia per ottenere, nel lungo periodo, un vantaggio competitivo derivante da una più efficace ed efficiente gestione delle risorse del territorio. 
Grazie all’analisi di molteplici casi di studio, riguardanti le stesse realtà italiane e non solo, si è arrivati a capire che il miglior modello per rendere possibile questo progetto è un modello decisionale multistakeholder cioè una governance partecipata delle risorse ambientali, sociali, economiche e imprenditoriali, tutte volte a preservare l’integrità della risorsa “territorio”.



In periodi quali stiamo vivendo adesso, sono in molti a pensare al territorio e alle generazioni future come ultimo interesse…ma non è la mossa migliore!
Analizzando il rapporto “Travael&Tourism Competitiveness” del 2013, risulta che Svizzera, Germania e Austria sono i paesi più competitivi e, in maniera sostanziale ha contribuito a ciò l’adozione di politiche nazionali adottate in materia di sviluppo sostenibile e tutela delle risorse ambientali. In questa classifica, l’Italia risulta 26°; ad incidere negativamente sono fattori come la frammentazione dell’offerta; le infrastrutture e la politica ambientale; il livello dei prezzi elevato rispetto ad altri competitors e la policy governativa poco incisiva.
Sempre nel 2014, l’organizzazione non governativa “Ethical Travel” ha stilato il consueto rapporto sulle destinazioni più responsabili del mondo, dove dell’Italia non c’è traccia se non nel comunicato di presentazione come una delle destinazioni di massa. Le variabili su cui si basa il lavoro di “Ethical Travel sono la tutela ambientale, il coinvolgimento delle comunità locali, il valore culturale dell’offerta turistica; ovvero valori che vanno a creare vantaggio competitivo per il turismo del futuro…perché la sostenibilità va vista come elemento di lungimiranza commerciale!

Think is better!


Valentina Trabacchi

giovedì 14 maggio 2015

Il design in veste di eco-sostenibilità


Da molti anni oramai, anche per quanto riguarda il design, si è iniziato a pensare ad un modo di progettare gli oggetti nel rispetto dell’ambiente. Quindi cercare di ridurre gli effetti negativi che ha la produzione industriale, non solo realizzando prodotti che richiedono un dispendio energetico minore, ma attuando processi produttivi che utilizzano energie alternative.

Molto importante è anche l’utilizzo di materiali di origine naturale, quindi non tossici, non chimici o plastici con la possibilità che essi siano riciclabili. Prodotti a basso impatto ambientale perché in certi casi progettati per durare a lungo, con la possibilità di trasformarli in caso di nuove esigenze. Come nel caso del progetto Lessmore di Giorgio Caporaso che, in uno stand al fuori salone di Milano 2015, ha esposto alcune realizzazioni:

 



    • Il tavolo Clessidra, con basamento in cartone e  piano in vetro sotto il quale sono presenti dei licheni scandinavi vivi in grado di vivere della semplice umidità dell’aria.





    

    •Less Chair nasce dal mix di cartone (materiale attorno al quale ruota la gamma dei prodotti realizzati da Lessmore, in quanto è un materiale riciclato, riciclabile e biodegradabile)  e il legno, materiale naturale.  Così come il Tappo con licheni, anch’esso con i licheni scandinavi al suo interno e con integrata la luce a led o come More-light (che possiamo vedere parzialmente nella foto dietro a Less Chair), ovvero versione semplificata del sistema More (versione precedente). Molto facile da montare e smontare  e cosa ancora più interessante composta da  moduli quadrangolari flessibili ed a incastro. Proprio per questo si ha la possibilità di realizzare non solo librerie di diversa larghezza, altezza e profondità, ma piani d’appoggio, sedute, espositori, pareti divisorie e quant’altro insomma da libero spazio alla fantasia sull’utilizzo: sia per quanto riguarda il montaggio stesso, sia per quanto riguarda le rifiniture e le textures e di conseguenza i luoghi che posso essere non solo ambienti domestici ma anche locali pubblici, negozi vetrine ecc.

     Questi sono solo alcuni dei  progetti realizzati da Giorgio Caporaso con Lessmore, ma il marchio vanta già una vasta gamma e fortunatamente sempre più in crescendo sono i numeri registrati dai prodotti realizzati con i principi di eco-sostenibilità che fino a qualche anno fa non erano «ben visti» nel mondo del design.


lunedì 11 maggio 2015

Eco-sostenibilità, perché adesso?

Tra organic e vegan food, supermercati Bio, ecoturismo e locali arredati utilizzando elementi riciclati, sembrerebbe che l’attenzione del consumatore all’argomento “ambiente” e quindi, sostenibilità, stia crescendo. Ma è davvero una sensibilizzazione al consumo o è solo una moda?
La tendenza a dare attenzione all’ambiente nasce da una necessità evidente: nel 2014, per esempio, sono stati prodotti 65 milioni di tonnellate di cotone e poliestere, si è ipotizzato che nel 2020 la produzione possa raggiungere picchi di circa 90 milioni.

Ridurre l’impatto ambientale della produzione, distribuzione e consumo di capi d’abbigliamento è la nuova scommessa dei grandi nomi della moda. Essere sostenibili significa abbracciare una causa importante, aderire con costanza ad una corrente di pensiero e rispettarla; è per questo motivo che le imprese dovrebbero mettere alla base dei propri valori aziendali l’etica ambientale e non utilizzarla solamente al fine di salvaguardare la propria immagine di fronte all’opinione pubblica. Nonostante ciò c’è chi sta facendo passi in avanti, ecco quindi alcuni punti che potrebbero essere d’ispirazione per un consumo più sostenibile:

Fast fashion vs sostenibilità:

Come possono questi due argomenti, che sono sempre andati in direzioni opposte, combaciare?
Un esempio di risposta a questa domanda è H&M, da circa undici anni impegnato in politiche ambientali.
Le azioni che il brand svedese ha intrapreso a sostegno dell’ambiente sono principalmente tre. La prima è il lancio del Garment Collecting, ossia la campagna a favore del riciclo delle fibre tessili: H&M infatti chiede ai propri clienti di portare abiti che non indossano più in negozio ottenendo uno sconto sui nuovi acquisti (le fibre come il cotone possono essere riciclate!).
Le altre due invece sono abbastanza recenti: ad Aprile 2015 il brand ha lanciato la nuova collezione Conscious exclusive, a cui è seguita l’apertura di un pop up store (negozio temporaneo) a New York, e che ha coinvolto Star come Olivia Wilde per la promozione. Inoltre questo brand ha firmato, insieme al Kering group, un contratto con la start up inglese Worn again, ideatrice di un sistema chiamato circular resource model, che permette il riciclaggio dei materiali dei vecchi vestiti.

Non si può affermare che H&M rappresenti il brand più “verde” in circolazione, ma le politiche di comunicazione che ha adottato hanno una grande influenza sui consumatori, e se il messaggio è la salvaguardia dell’ambiente, esso può solo esercitare un’influenza positiva sull’awareness delle persone.



  Tornare allo slow fashion:

Il fast fashion sta diventando sempre più fast: Zara, il brand a cui viene attribuito il merito di aver creato questo nuovo modello di business, crea nuove collezioni ogni due settimane e cambia il merchandising nei negozi due volte a settimana. Anche i grandi nomi del prêt-à-porter ormai creano minimo sette collezioni all’anno (inizialmente erano solo due: autunno/inverno e primavera/estate).

Come si può rallentare? Come si può creare un nuovo modello che venga apprezzato nello stesso modo? Nell’era dei fashion blog e dei selfie, come si può convincere qualcuno a non indossare una maglietta diversa ad ogni selfie pubblicato?
L’unica strada è educare il consumatore reintroducendo il concetto d’investimento e di essenzialità.
Davvero hai bisogno della cosa che stai per comprare? Davvero hai bisogno di indossare ogni giorno una maglietta diversa?



“Detox my fashion”  Greenpeace:

Dal 2011 Greenpeace promuove Toxic-free manufacturing richiamando l’attenzione all’ambiente. I brand che ad oggi aderiscono all’iniziativa sono: C&A, M&S, United colors of benetton, Esprit H&M, Mango, Levi’s, Limitedbrands, Uniqlo, G-start raw, Valentino, Inditex, Puma Primark, Burberry, Adidas. Per maggiori informazioni e per partecipare alla campagna potete cliccare qui  http://www.greenpeace.org/international/en/campaigns/detox/what-you-can-do/


Cotone organico:

Per produrre fibre e filamenti vengono utilizzati prodotti chimici. La produzione di cotone, per quanto fibra naturale, è uno dei processi più inquinanti a causa dell’uso di pesticidi chimici.
Queste sostanze possono avere gravi conseguenze sulla salute, quindi il consiglio è quello di lavare almeno due volte l’ultimo acquisto prima di indossarlo o, ancora meglio, comprare solo cotone organico. Questo tipo di fibra naturale Bio viene prodotta secondo la regolamentazione internazionale EU 834/2007. Il primo obiettivo è quello di produrre cotone utilizzando fertilizzanti e pesticidi organici invece che sintetici. Il cotone biologico è prodotto in base alle condizioni climatiche, al terreno e  alla resistenza a parassiti e malattie delle piante. Grandi nomi come Zara, H&M, Nike, Muji utilizzano questo tipo di cotone (come riconoscerlo è semplice: dovrebbe essere specificato nell’etichetta).




Peta e la causa contro la produzione di pelliccia di angora:

A Febbraio 2015 il gruppo Inditex (di cui fanno parte nomi come Zara, Massimo Duti, Bershka) ha annunciato lo stop alla produzione di indumenti con lana d’angora (prodotta dal pelo del coniglio d’angora),  dopo i vari richiami e denunce del Peta (People for the Ethical Treatment of Animals): questo perché le pratiche adottate sugli animali per ricavare la lana sono crude e inumane.
Altri brand come Gap, ASOS, Marks & Spencer, H&M, Next, Forever 21, Calvin Klein, Tommy Hilfinger e COS avevano già bloccato la produzione tra il 2013 e il 2014.




Infine, informarsi sulle politiche ambientali (ed etiche) dei brand che utilizzate è semplice, dovrebbero essere specificate nei loro siti internet e richiede solo un po’ di tempo. Ancora più semplice e veloce è controllare l’etichetta quando state comprando: dove è stato prodotto e da quali fibre è composto l’indumento.

 Don’t be lazy, be informed! 
                                                                                                                       

giovedì 7 maggio 2015

Alimentazione tra tappe fondamentali e attuali caratteristiche!

L’alimentazione costituisce uno dei temi di attualità più importanti e sicuramente dibattuti.
Prima di trattarne le caratteristiche contemporanee, vediamo insieme alcune delle tappe fondamentali che ne hanno caratterizzato l’evoluzione storica.

Fin dal mondo antico la priorità di alimentarsi ha dato spinta ai popoli per organizzarsi alla trasformazione della risorse naturali in risorse alimentari. Durante l’era barbaro-romana il grano, i grappoli d’uva, le olive, grazie ad una semplice lavorazione, costituivano cibo vitale per la sopravvivenza. La distinzione tra ceti sociali comportava una classificazione degli alimenti all'interno di una scala simbolica: la carne cacciata era simbolo di potere, mentre l’acqua e il pane rappresentavano il nutrimento per i poveri. L’evoluzione dei popoli portò a grandi disboscamenti e ad una notevole espansione agricola; con il progressivo arricchimento delle città, l’attenzione si focalizzò sempre più sulla raffinatura del cibo, fino all'utilizzo delle spezie in cucina.

Agli inizi del XIII° Secolo, la figura del professionista di gastronomia riusciva a dare nuova entità alle pietanze e al piacere di alimentarsi. La differenza sociale tra ricchi e poveri continuava a riflettersi in ambito alimentare: le rape e i fagioli tenevano in vita il ceto povero durante le carestie, mentre i ricchi allestivano, frequentemente, curati banchetti con cibo a volontà. In seguito al colonialismo da parte dei paesi europei,  prodotti come lo zucchero, il cacao, il riso, il caffè, i distillati dell’alcool, le nuove spezie e il "thè" rappresentarono una vera e propria svolta in ambito alimentare. Nel frattempo le osterie cominciavano a prendere campo e la figura del cuoco diventava sempre più prestigiosa. La pasta, con il capitalismo del grano, fu una vera e propria innovazione, mentre la carne cominciava ad assumere un connotato negativo: basti pensare, ad esempio, che alcuni esponenti dell’illuminismo francese erano vegetariani. 
In seguito, durante le grandi guerre, le patate e la polenta riuscirono a sfamare la parte più povera della popolazione, dal momento che la maggior parte dei prodotti alimentari scarseggiava. Nel dopoguerra si assistette ad una crescita demografica esponenziale, ad una produzione di cibo eccessiva rispetto all'ammontare della popolazione, e alla reintroduzione della carne nell'alimentazione.

Arriviamo ai giorni nostri!
Grazie al perfezionamento su scala planetaria della rete di distribuzione e grazie ai progressi tecnologici che hanno permesso nuovi metodi di conservazione, oggi abbiamo la possibilità di avere sulla nostra tavola prodotti alimentari provenienti da tutto il mondo; tutto ciò è stato possibile mettendo in secondo piano l’importanza della stagionalità dei prodotti e sicuramente la produzione su scala industriale ha impattato sulla qualità e sulla genuinità dei prodotti.
Inoltre, il cambiamento delle abitudini, soprattutto nelle città, verso ritmi sempre più frenetici di vita, ha creato una nuova esigenza alimentare: un pasto “bello e buono”, ma anche, e soprattutto, razionale e veloce. Per rispondere a questa necessità è nato il cosiddetto “fast food”, ossia una tipologia di ristorazione rapida, veloce sia da preparare che da consumare, e che abbia un prezzo contenuto. Alcune delle principali critiche mosse a quello che è stato definito “junk food”, ossia “cibo spazzatura”, sono non solo lo standard medio-basso di qualità delle materie prime, ma anche il totale disequilibrio calorico di queste tipologie di pasti spesso ad alto contenuto di grassi e contenenti sostanze che permettano la conservazione per un periodo molto più lungo rispetto ad un prodotto fresco. Una corretta alimentazione prevede un consumo di prodotti il più eterogeneo possibile, che consenta un’equilibrata ripartizione tra proteine, grassi e zuccheri. Inoltre, parallelamente alla diffusione di cattive abitudini alimentari, le persone hanno cominciato mediamente a condurre stili di vita piuttosto sedentari, e la combinazione di questi due fattori ha portato alla diffusione di problemi di obesità, ossia un eccessivo accumulo di grasso corporeo; si tratta di una malattia piuttosto seria, dal momento che comporta gravi problemi fisici, principalmente al cuore e all'intero sistema circolatorio del sangue, ma non solo.
Dopo che per molto tempo la produzione alimentare ha puntato principalmente alla quantità, negli ultimi anni si è assistito ad un’inversione di tendenza: la qualità è tornata a costituire la priorità!
 Si punta alla ricerca di prodotti naturali, tipici, genuini; molte legislazioni nazionali e mondiali hanno previsto l’istituzione di appositi enti di controllo, incaricati di monitorare in maniera costante i prodotti, utilizzando standard medio-alti, in modo da garantire la massima tutela possibile per i consumatori.

L’alimentazione costituisce il tema scelto per l’Expo 2015, ospitata nella città di Milano dal 1° Maggio al 31 Ottobre; si tratta di un’esposizione di natura non commerciale con portata pressoché mondiale.
Come evidenziato dallo stesso sito dell’evento www.expo2015.org, partecipano in maniera ufficiale all'evento ben 145 paesi, costituenti il 94% della popolazione, e 3 organizzazioni internazionali. Il titolo dell’evento è “Nutrire il pianeta, energia per la vita” e tratterà non solo di un’alimentazione sana e di qualità, ma anche di un’alimentazione disponibile per tutti gli esseri viventi: infatti nonostante l’eccessiva produzione alimentare mondiale, vi sono ancora varie parti del mondo che non dispongono di risorse sufficienti; inoltre la qualità della produzione alimentare deve puntare all’eco-sostenibilità, ossia avere un impatto minimo sull'ambiente.
Ciascun paese partecipante disporrà di un padiglione, all'interno del quale avrà la possibilità di mettere in mostra e, soprattutto, esaltare le proprie tradizioni e usanze tipiche, sia alimentari che gastronomiche, e che ovviamente i visitatori avranno l’opportunità di provare. Non solo, ogni paese cercherà di offrire il proprio punto di vista in tema di uso responsabile delle risorse in linea con un futuro più sostenibile.
Insomma: un occhio al passato per uno sguardo più consapevole al futuro!

Matteo Domenichini 

lunedì 4 maggio 2015

Strumenti di QUALITA’ ambientale

In seguito all'emergere di varie criticità e allo sviluppo di nuovi pensieri che i consumatori e l’opinione pubblica hanno posto all'attenzione dei produttori, l’idea di “sviluppo sostenibile” è diventata il fulcro di decisioni politiche per molte imprese e non solo!


Troviamo riferimenti riguardanti la sostenibilità dello sviluppo tra gli obiettivi della Costituzione europea, che nell'ambito di turismo ha stilato una serie di punti chiavi da seguire; l’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura) ha lanciato, nel 2014, la campagna “decennio dell’educazione allo sviluppo sostenibile” per sensibilizzare giovani e adulti di tutti il mondo verso uno sviluppo di cui possano beneficiare tutte le popolazioni del pianeta, presenti e future. Ancora possiamo citare la “Carta Europea per il Turismo Sostenibile nelle Aree Protette” e tante altre iniziative…!

L’applicazione di Sistemi di Gestione Ambientale al territorio e di gestione innovativa delle destinazioni è stata notevolmente stimolata nel corso degli ultimi dieci anni dal programma "Life ambiente", tramite il quale sono stati strutturati diversi progetti pilota relativi soprattutto alle aree costiere, ma anche rurali. Particolarmente interessanti da segnalare sono i vari strumenti di qualità ambientale che possono essere utilizzati da molteplici operatori turistici; i più diffusi sono:

Agenda 21 Locale: indirizzata a Comuni, Province, Comunità Montane, Parchi e aree protette, Associazioni di Comuni, ecc.

Bandiera Blu Europea: per le spiagge e porti turistici.


Bandiera Arancione: piccoli comuni dell’entroterra.


Sistemi di Gestione Ambientale (Regol. EU n°761/01 EMAS, Norma ISO 14001/96): per Amministrazioni Locali di località a valenza turistica, distretti turistici, parchi naturali e tematici, strutture ricettive, tour operator, stabilimenti balneari, ecc.


Etichette ecologiche di prodotto/servizio (Ecolabel, EPD - ISO 14040, altre etichette): per strutture ricettive e altri servizi.

Queste ultime due categorie riguardano meccanismi che fanno leva sul ritorno d’immagine delle aziende: tale ritorno si esplica principalmente attraverso il miglioramento dei rapporti con le comunità locali e con le autorità di controllo ma, anche se in questo senso gli strumenti più efficaci sono quelli relativi alla certificazione di prodotto, si ripercuote sull’immagine complessiva dell’azienda e quindi sugli aspetti commerciali.

La certificazione diviene così un vero e proprio programma di qualità delle destinazioni e, di conseguenza, si assottiglia sempre di più la relazione tra qualità e sostenibilità.



sabato 2 maggio 2015

Eco-sostenibilità

Dopo un piccolo periodo di pausa, necessario per una riorganizzazione interna, we are back!

L’argomento di questo mese è l’eco-sostenibilità: con questo termine si indica generalmente l’insieme di attività umane che hanno il minimo impatto possibile sull'ambiente
Negli ultimi decenni è stato un tema sempre più diffuso e soprattutto discusso, sicuramente in maniera proporzionale ai grandi passi in avanti compiuti dall'uomo in ogni ambito: da quello meccanico a quello tecnologico, per non parlare di quello industriale o bellico.
In un’era moderna in cui l’uomo si sente quasi onnipotente, si è perso forse di vista la questione principale: disponiamo di una grande e importante risorsa, la Terra, senza la quale tutto ciò non sarebbe stato ovviamente possibile. Il problema? Questa risorsa è esauribile! Ed è per questo motivo che dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per preservarla e salvaguardarla.



E adesso…have a good time!